
Maddalena Tedeschi è Pedagogista dell’Istituzione Scuole e Nidi d’infanzia del Comune di Reggio Emilia e più precisamente pedagogista della Scuola dell’Infanzia e Primaria al Centro Internazionale Loris Malaguzzi.
Prima di diventare pedagogista è stata insegnante per 10 anni presso il Nido d’infanzia Gianni Rodari del Comune di Reggio Emilia.
Collabora con Reggio Children su progetti di formazione, consulenza ed editoriali sia a livello nazionale che internazionale, collabora alla progettazione di nuovi servizi educativi e concentra la sua attività di formazione e ricerca principalmente sulla progettazione di ambienti educativi e il dialogo tra pedagogia e architettura; il linguaggio digitale come contesto di apprendimento alla scuola dell’infanzia e al nido; la continuità educativa tra lo 0 – 6 anni e il segmento della scuola dell’obbligo.
Le tecnologie hanno pervaso la quotidianità di noi tutti, condizionando in breve tempo le nostre abitudini, i nostri parametri spazio-temporali, il nostro modo di fare le cose e costruire relazioni.
Responsabilità della scuola è costruire un’elaborazione teorica sull’argomento, accogliere la tecnologia perché è già lì, bussa alla porta e i bambini la invitano ad entrare ogni giorno.
Negli ambienti digitali che stiamo esplorando i bambini rimangono autori e costruttori del proprio sapere e dei propri immaginari individuali e collettivi, mettendo fuori gioco un’idea di tecnologia anestetica e accentratrice, rendendone visibile un’altra, amplificatrice e generativa, in dialogo sinergico con il profumo del muschio e il crescere della vita.
I bambini sono molto in sintonia con la dimensione culturale che le tecnologie digitali hanno aperto, sono protagonisti e costruttori di questa cultura, che traspira dal loro lessico, dal loro linguaggio, dal loro modo di interpretare le esperienze.
Secondo un approccio ecologico, la tecnologia entra nel quotidiano, non domina, ma si mescola con altri linguaggi, entra come ambiente-connettore di saperi e di esplorazioni multidisciplinari sostenendo il modo di conoscere dei bambini e inaugurando nuovi ambienti di socializzazione e condivisione.
Nel nostro approccio alle tecnologie digitali vogliamo privilegiare un’idea di ambiente digitale ed evitare invece di incunearci su una dimensione prettamente strumentale, funzionalista degli strumenti, come computer, tablet o software.
Vorremmo interpretare il digitale prima di tutto come una dimensione culturale, sociale, ambientale diffusa ed integrata nella quotidianità di ciascuno di noi, questo a partire dalla cultura dei bambini.
Le esperienze che stiamo realizzando ci sembrano alimentare, nei bambini e negli adulti, una cultura diffusa del digitale, o meglio, una parte della cultura dei bambini è uscita dal sommerso e ha trovato spazi di elaborazione e legittimazione nella didattica quotidiana.
Il contesto di ricerca Organismi viventi vuole mettere in relazione natura e digitale.
L’indagine dal vero promuove una relazione tra bambini e organismo vivente, ma anche una personale e soggettiva interpretazione, da parte dei bambini, del soggetto osservato.
In questo senso troviamo molto interessante quello che scrive Richard Mabey ne Il taccuino del naturalista: “La natura non è una macchina da dissezionare con obiettività, ma una comunità di cui noi osservatori siamo parte integrante.”
Spostandosi da un approccio antropocentrico ad un approccio ecologico, l’indagine dal vero attiva un processo di ascolto del sistema di vita dell’organismo vivente. Un processo di ascolto che è fatto di molti incontri che compongono una visione complessa e composita dell’identità del soggetto naturale e sensibilizzano alla progettualità selvaggia della natura.
La strategia per costruire questa relazione è l’indagine dal vero di organismi viventi (persone, microorganismi, insetti, animali, piante, muschi, muffe, ambienti naturali, ecc).
L’indagine dal vero è un dialogo tra la nostra identità e l’identità del soggetto osservato, è un processo di conoscenza e relazione: si entra in una dimensione empatica con un soggetto per imparare a conoscerlo e a conoscersi.
Il linguaggio digitale, ci pare possa consentire la costruzione di mondi tra l’invenzione e la scienza dove il desiderio di apprendere attraverso domande e invenzioni è potente.
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